“La pandemia ha cambiato il lavoro dei medici. Regioni e Governo diano risposte alternative”
Dopo la Fimmg anche le Direzioni Nazionali di Smi, Cgil Medici e Simet bocciano l’Accordo Collettivo Nazionale di medicina generale. “Dall’ esame della bozza di accordo trasmessa da Sisac – affermano – si evince che Governo e le Regioni non hanno tenuto conto di quello che è successo in questi ultimi due anni di pandemia e di come sia cambiato, in peggio il lavoro per tutti medici”. “Questo ACN non coglie lo sforzo fatto dai medici di medicina generale, non tiene conto dei costi, delle responsabilità e dei maggiori carichi di lavoro, non offre strumenti organizzativi per rendere la professione più attrattiva e per arginare l’esodo all’estero dei giovani medici, così come i prepensionamenti di massa, non tiene conto della necessità di delineare nuove tutele sul lavoro (alla luce delle centinaia di morti dovute al contagio da covid)”.
“Riteniamo che le risorse del Pnrr – prosegue la nota – debbano essere agganciate alla discussione del nuovo ACN con un forte investimento sul personale vero motore dei servizi territoriali. La carenza dei medici è un problema che dobbiamo affrontare subito. Solo in provincia di Bologna mancano 288 medici di medicina generale, per non parlare di altre regioni del nord come Veneto Lombardia o Piemonte. Anche le aree disagiate del sud Italia presentano intere zone scoperte di assistenza compresi i servizi essenziali come guardia medica e 118>.
“È prioritario investire le risorse del Pnrr sul personale, non solo sull’ edilizia sanitaria, per fronteggiare l’aumento esponenziale dei carichi di lavoro e per favorire l’innovazione organizzativa. Ma tutto questo non è previsto nella bozza proposta” continuano Smi, Cgil Medici e Simet.
“Non vi è nessuna novità nel rapporto tra contrattazione nazionale e quella regionale. La pandemia ha messo in luce e amplificato le carenze del nostro Servizio Sanitario Nazionale, causate da decenni di tagli lineari e di definanziamento sulla salute dei cittadini considerata una spesa più che un investimento per il paese. L’assistenza territoriale, in particolare, soffre gravi carenze organizzative: medici di famiglia lasciati soli ad assistere i pazienti domiciliati; abbandonati a sé stessi, senza protocolli e linee guida; senza personale di supporto, privi di strumentazione adeguata, senza tutele e procedure di sicurezza, causa dei tanti contagi tra i medici, molti dei quali morti sul campo senza protezione del sistema. Questo ACN non affronta queste criticità, ma al contrario risulta essere penalizzante anche dal punta di vista economico per i medici in quanto elimina alcune indennità di funzione o le riassegna alle strutture sanitarie, si propone, così, il paradosso, che nonostante lo sforzo straordinario che la pandemia ha determinato, le retribuzione dei medici vengono significativamente ridotte”.
“Per queste ragioni facciamo appello a tutte le forze politiche, ai vertici istituzionali del Parlamento, del Governo e delle Regioni per avviare un tavolo di confronto che sia coerente con le proposte di riforma che stanno elaborando per il potenziamento dell’assistenza territoriale e dignitoso per la professionalità dei medici garanti della salute dei cittadini. Davanti alle sfide organizzative che la riforma ci propone, è indispensabile una più solida unità sindacale per far fronte alle nuove domande della medicina generale. Abbiamo la responsabilità di dare risposte concrete e innovative a tutta la categoria, in una rinnovata alleanza con i cittadini, pena l’abbandono e il declino della professione”.
“La pandemia ha dimostrato a tutto il Paese che è arrivato il momento di un grande investimento pubblico sul personale della medicina di prossimità per migliorare la qualità dell’offerta di cure. Le Regioni e il Governo non possono, a parole elevare ad eroi i medici e poi sottrarre risorse economiche e organizzative alle nuove necessità della medicina generale. Si cambi questo accordo collettivo nazionale: è irricevibile!” concludono Smi, Cgil Medici e Simet.
Chi guadagna di più sono i chimici con 92.700 euro/anno, seguiti dai medici, con uno stipendio medio annuo di 90.593 euro e dai veterinari a poco più di 90.440 euro/anno
L’obbligo di prova, quindi, per il soggetto danneggiato, si ferma all’individuazione del cosiddetto nesso di causalità fra i due eventi
Quici: "I veri problemi sono legati innanzitutto alla carenza di personale e quindi di chirurghi; c’è il blocco del tetto di spesa sul personale che dura da oltre 20 anni e che ancora non trova una soluzione"
Il contributo che si versa è fiscalmente detraibile dalle imposte al 19% fino a circa 1.300 euro l’anno
Testa: "Siamo noi che con le prescrizioni emesse sovente aggiorniamo il FSE automaticamente, mentre ci troviamo sistematicamente a subire le prescrizione di colleghi ospedalieri svogliati, per usare un eufemismo”
In media tre ricoveri su 10 si sarebbero potuti evitare con una migliore presa in carico dei pazienti: il 20% dei medici di base aggiorna il fascicolo sanitario elettronico ed i consulti con i medici ospedalieri sono rari
"Abbiamo apprezzato molto anche l’apertura mostrata rispetto al dialogo tra medicina generale e l’ambito della farmacologia clinica"
Scotti: “Pronti ad espandere le esperienze di presa in carico dei pazienti cronici”
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